Upskill4.0 logo

Blog

Homo Faber Economy: moda e sostenibilità

Artigianato, moda e sostenibilità sono stati al centro del primo focus group e del primo webinar di Homo Faber Economy, il progetto per la città di Venezia promosso da Università Ca’ Foscari in partnership con Fondazione di Venezia e Upskill 4.0 che è partito lo scorso primo marzo. L’incontro ha riunito alcune delle aziende coinvolte nel progetto e coinvolto professionisti del settore, Giulia Pordd, ESG e Impact Manager e Eleonora di Maria, professoressa all’Università degli studi di Padova, oltre a Stefano Micelli, professore di Università Ca’ Foscari.

La moda è un settore altamente inquinante: da anni la The Ellen MacArthur Foundation sostiene che questo settore debba passare da un modello lineare ad un modello circolare. Il settore moda è al 1° posto per consumo di energia, al 3° posto per spreco di acqua e suolo, essendo responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile e il 35% di microplastiche primarie rilasciate nell’ambiente a causa dei vari processi di lavorazione e ai lavaggi dei capi sintetici, al 4° posto per impatto ambientale, al 5° posto per uso di materie prime.

Già il report A New Textile Economy del 2017 sosteneva che il 97% dei materiali proviene da risorse vergini finite e meno dell’1% viene riciclato per farne altri vestiti; inoltre, negli ultimi 15 anni la produzione di abbigliamento è raddoppiata e la media di utilizzo per ogni capo è diminuita del 36%, il che vuol dire che, ad oggi, circa ogni secondo un camion pieno di vestiti viene gettato in discarica o incenerito. 

Il design circolare va oltre il design di prodotto, si tratta di un cambiamento radicale del sistema. Si tratta di ridisegnare il sistema avendo in mente i principi cardine dell’economia circolare, ovvero Eliminate, Circulate, Regenerate: eliminare l’idea di rifiuto, far circolare le risorse, rigenerare l’ambiente.

Demis Marin di Ramosalso e Andreina Brengola

Rispetto a questo nuovo paradigma, gli artigiani veneziani già da tempo si sono attivati con nuove logiche di produzione, con progetti come quello di Demis Marin di Ramosalso, brand specializzato in upcycling o quello di Alessandra Defranza di Tabinotabi Venice brand di tessuti prodotti in esclusiva con filati vegetali organici ad alta tecnologia e biodegradabile. Dietro a questi progetti imprenditoriali ci sono strategie e buoni risultati, ma che spesso non ricevono piena riconoscibilità. 

Giulia Pordd, ESG e Impact Manager, è intervenuta al focus group presentando uno storico legislativo europeo e internazionale in tema di sviluppo sostenibile e una serie di buone pratiche e strategie per evidenziare la sostenibilità imprenditoriale e raccontarla come plusvalore. 

Quello verso la sostenibilità è un percorso per una misurazione del proprio impatto, non è solo un protocollo a cui aderire ma un vero e proprio processo. ESG sono dei criteri interconnessi che determinano le performance di un’impresa che genera profitto. La circolarità può essere un elemento di competitività, il sistema dell’innovazione si sta riconfigurando. 

Quello verso la sostenibilità è dunque un processo, a volte lungo e impegnativo, come ha sottolineato Stefania Giannici, creatrice di gioielli e oggetti di design in carta pregiata da Paperoowl, una bottega artigiana a Venezia: l’adesione alle politiche ESG internazionali è spesso percepito come qualcosa di oneroso e complesso, rendendo difficile per gli artigiani conformarsi o trarne un reale vantaggio.

Stefania Giannici di Paperoowl

È indubbio comunque che oggi c’è una forte reciprocità tra il cliente e il prodotto, le aziende però devono rendere esplicito il proprio contributo in termini di sostenibilità, il posizionamento delle aziende deve essere distintivo. Tecnologia, linguaggio e marketing devono andare di pari passo.

Secondo Eleonora di Maria, professoressa all’Università degli Studi di Padova, a livello internazionale, i consumatori sono molto attenti alla qualità del prodotto e alla sua durabilità, quindi con forme e caratteristiche che durano nel tempo. Un grande trend in crescita è anche quello legato al riutilizzo dei prodotti esistenti.

Non solo sostenibilità ambientale, per sostenibilità si intende oggi anche sostenibilità sociale e culturale.

Storie come quella di Marisa Convento, creatrice di gioielli in perle di vetro di Murano a Venezia, Impiraressa ovvero l’infilaperle, un antico mestiere veneziano, ci dimostrano che l’artigiano ha in realtà come Venezia anche un’impatto culturale inestimabile. Marisa Convento ha aperto il suo primo negozio-laboratorio, in calle della Mandola, nel 2007, dal nome evocativo “Venetian Dreams”: una piccola bottega dove Marisa impirava perle di vetro e perline di conteria ma anche luogo d’incontro e di reciproca conoscenza per molti. Oggi il suo laboratorio è ospitato presso Bottega Cini a Dorsoduro. 

Come mettere a sistema tutte queste esperienze perché abbiamo piena riconoscibilità?

Per Stefano Micelli, non sarà la singola azienda, ma un concerto di operatori che insieme deve guardare al futuro, una comunità che deve proiettarsi nel contemporaneo attraverso uno sforzo collettivo di comunità. È sempre più necessario fare rete e creare un progetto di storytelling 4.0 che valorizzi e metta a sistema le singole realtà, attraverso un marketing digitale e di posizionamento che crei un’identità di gruppo. 

 

Progetto “Homo Faber Economy” – Codice 2120-0001-727-2023 – CUP H77G23000350002 – PR Veneto FSE+ 2021-2027 – DGR. 727/2023 VENEZIA I.C.O.N.A.