Uno dei principali problemi che il nostro paese è chiamato ad affrontare è il declino economico e demografico di molti territori. Aree una volta considerate locomotive dello sviluppo industriale ed economico si trovano oggi in difficoltà in relazione ai grandi cambiamenti che hanno caratterizzato gli ultimi vent’anni. Globalizzazione da un lato e concentrazione delle attività legate al terziario innovativo (tecnologia e finanza) nelle grandi aree urbane dall’altro hanno prodotto una crescita segnata da disuguaglianze crescenti. A questo cambiamento di paradigma solo una parte del sistema economico ha saputo trovare una risposta adeguata.
Per anni l’Italia dei distretti industriali era stata identificata come un modello sostenibile di sviluppo economico e sociale da proporre a livello internazionale. Oggi è diventata per molti l’emblema in difficoltà nell’interpretare le nuove traiettorie di crescita. Quel tessuto produttivo fitto e diffuso si è progressivamente smagliato. Non mancano i campioni locali. Tante medie imprese hanno espresso in questi ultimi vent’anni un elevato dinamismo rafforzando la propria posizione competitiva a livello internazionale. A fronte di questi successi abbiamo assistito a un indebolimento del tessuto industriale ed economico locale.
Questa nuova situazione ha generato un malcontento diffuso. Spesso vero e proprio risentimento. Il declino appare a molti irreversibile e spinge a forme di nostalgia più o meno marcate (“si stava meglio quando si stava peggio”).
A fronte di queste criticità, le risposte finora messe in campo dalla politica economica hanno oscillato tra forme di aiuto alle singole imprese (micro) e grandi interventi strutturali come il PNRR (macro). Si tratta di interventi entrambi importanti e che certamente produrranno una qualche utilità. Quello che è mancato finora è una visione in grado di guardare ai contesti per progettare la loro rigenerazione territoriale. Difficile pensare che un paese così vario come l’Italia possa risolvere questo problema attraverso una soluzione valida per tutti. È prioritario capire come riattivare percorsi originali di crescita economica in aree oggi in difficoltà, possibilmente in un orizzonte temporale di breve-medio periodo.
Per fortuna il problema non è solo italiano. La letteratura scientifica in ambito economico prova da tempo ad affrontare la varietà dei percorsi di crescita nei contesti locali e nazionali. Si tratta di capire come funziona l’innovazione nella realtà, parafrasando un libro di successo di Dan Breznitz (Innovation in Real Places, lettura di riferimento anche per OCSE). Non è detto che tutti abbiano una Silicon Valley sotto casa, con tanto di start up e venture capital. Anzi. Quello che ci insegna una solida letteratura a riguardo è che si può giocare una partita da protagonisti a livello internazionale anche in settori maturi come la manifattura.
Per rimettere in moto i territori è essenziale ragionare in termini di ecosistemi del valore. Le imprese dinamiche sono essenziali. Ma non bastano più. I territori che prosperano hanno bisogno di ingredienti diversi, dalle università ai musei, dagli aeroporti alle piste ciclabili. Per noi di Upskill 4.0 un elemento essenziale è la formazione, in particolare la formazione tecnica superiore. Crediamo che sia essenziale promuovere buon lavoro anche fra quelle professionalità tecniche che il nostro paese ha spesso dimenticato. Crediamo che una parte dell’ecosistema debba prendere in carico giovani capaci di mettere insieme competenze hard (conoscenze tecniche) e soft (conoscenze umanistiche). Sono i giovani a portare nuove competenze nelle imprese e nel sistema in generale.
Sappiamo anche in molti hanno già dato un contributo importante ai temi della rigenerazione urbana e territoriale. Non partiamo da zero, anzi. Negli ultimi dieci anni in Italia si sono moltiplicati progetti che hanno visto nella produzione culturale e nell’innovazione sociale l’innesco di nuove traiettorie. Noi crediamo che queste esperienze siano importanti. Ci permettiamo di pensare che meritino di essere completate con un percorso orientato verso l’innovazione. Il nostro sistema imprenditoriale ha dimostrato in passato di saper mettere insieme contenuti culturali e valore economico (es. il design). Pensiamo sia possibile rimettere in moto una storia di cui siamo stati tutti orgogliosi.