Se avete paura che l’intelligenza artificiale possa rubarvi il lavoro allora potete capire bene che cosa può provare un matematico oggi in un mondo basato sugli algoritmi.
La matematica è la disciplina che per prima si è occupata del tema dell’intelligenza artificiale. Partendo dalle intuizioni di Alan Turing all’inizio del secolo scorso, lo sviluppo dell’AI deve molto alle teorie e alla dimostrazioni dei matematici. Pensiamo alla teorie probabilistiche, all’algebra liberare e alla teoria dell’informazione.
Allo stesso tempo la matematica è la disciplina dove l’intelligenza artificiale si applica con maggiore frequenza. D’altronde i numeri sono la materia prima degli algoritmi. La formalizzazione ed i principi della matematica offrono un terreno apparentemente ideale dove l’intelligenza artificiale può esprimere tutta la propria potenza di calcolo. Forse definirlo scontro è eccessivo, ma è vero che la matematica è un ambito privilegiato dove poter osservare il confronto tra umani e intelligenza artificiale.
Se questo è vero, è particolarmente prezioso il contributo di chi come il matematico Junaid Mubenn vive ogni giorno questa sfida. Nel libro L’intelligenza matematica. Cosa abbiamo che le macchine non hanno, edito in Italia da Einaudi, Mubenn propone sette elementi che sembrano distinguere fortemente l’intelligenza matematica degli umani rispetto all’intelligenza artificiale. Lasciamo al lettore il piacere di conoscere nel dettaglio tutti e sette gli elementi ma qui si intende approfondirne due: l’immaginazione e il porsi domande.
Cominciamo dall’immaginazione. L’autore mette in luce un aspetto delle matematica che troppo spesso sottovalutiamo: la sua natura creativa. Molti dei concetti che oggi diamo per scontati, pensiamo allo zero inteso come numero, sono stati inventati per uscire da un dato sistema di regole che si è dimostrato troppo ristretto per spiegare. Se oggi infatti non possiamo immaginare una vita senza lo zero, la sua invenzione ha richiesto uno sforzo di immaginazione. Sforzo che l’AI, per quanto generativa, non sembra poter compiere al momento. Pensare fuori dagli schemi resta ancora una facoltà umana.
Il secondo punto riguarda la capacità di porsi domande che possono apparire stravaganti ma la cui risposta porta ad un avanzamento scientifico. È il caso della cittadina prussiano di Koenigsberg (città natale di Kant, forse non a caso) dove nel Settecento i cittadini si interrogavano sulla possibilità di visitare le diverse aree della città che è tagliata da due fiumi e connessa da sette ponti passando sui ponti e terreni una e una sola volta soltanto. Non è chiaro che cosa abbia portato la popolazione a discutere di questo rompicapo ma il problema era diventato così famoso che attirò l’attenzione di Eulero, noto matematico del tempo, che nel tentativo di rispondere inventò la teoria dei grafi che per ironia della sorte è oggi alla base dell’intelligenza artificiale. Alla fine Eulero ha dimostrato che il problema era irrisolvibile ma nel farlo ha aperto un nuovo ambito di ricerca matematica. Ecco porsi domande alle quali non siamo in grado di rispondere sembra essere una facoltà umana. La ricerca del limite e le ragioni stesse che portano al suo superamento sembrano interessare gli umani più che le macchine.